Marco Chiera
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04/03/2024 - Ultimo aggiornamento 04/03/2024
David J. Kohns, David S. Fitch | Anno 2014
Approccio osteopatico alla disfunzione sacroiliaca in una paziente con miopatia steroidea: un case report e una revisione della letteratura
Ambito:
Miopatia steroidea
Tipo di studio:
Case Report
Data di pubblicazione della ricerca:
01-06-2014
Scopo dello studio
- Obiettivo: mostrare l’utilità dell’OMT in caso di miopatia steroidea.
- Outcome misurati: valutazione dei sintomi.
Partecipanti
- Numero: 1
- Descrizione: donna, 59 anni. Malata di leucemia mieloide acuta, ricoverata per diarrea, nausea e vomito. Storia medica di gozzo, fibrocisti al seno e emicranie. A casa assumeva svariati farmaci fra cui aciclovir, budesonide, ciclosporina, esomeprazolo, fluoxetina, levotiroxina, prednisone, voriconazolo e integratori di magnesio, citrato di calcio, ergocalciferolo e acidi grassi omega-3. La paziente ha riportato di consumare alcool in situazioni di convivialità, ma di non aver mai fumato. La paziente ha negato una storia di fumo di sigaretta ma ha riferito di consumare alcol in contesti sociali. Storia familiare di tumore a prostata, vescica, colon, reni e leucemia.
Subito dopo il ricovero è stata diagnosticata un’infiammazione gastrointestinale superiore compatibile con una malattia da trapianto contro l’ospite (un anno prima aveva ricevuto un trapianto di cellule staminali per la leucemia), a cui ha fatto seguito terapia con prednisolone per via endovenosa, budesonide, tacrolimus e fotoferesi extracorporea.
Un’analisi sui glucocorticoidi sintetici ha mostrato livelli elevati di assorbimento del budesonide, e dopo tre settimane da quando ha iniziato l’uso di steroidi ad alte dosi sono emerse difficoltà nel passare dalla posizione seduta alla stazione eretta. Questi eventi hanno fatto pensare ad una miopatia indotta da steroidi. Quindi, il budesonide è stato sostituito col metilprednisolone diminuendo nel giro di 4 settimane la dose fino ai livelli originali.
Al momento del ricovero in ospedale, la paziente poteva eseguire le attività quotidiane senza assistenza, ma 6 settimane dopo necessitava dell’assistenza di 2 caregiver per passare dalla posizione seduta a quella eretta. Inoltre, per camminare aveva bisogno di un deambulatore a ruote e faticava a fare i gradini. Per questo motivo è stata ammessa presso un servizio di riabilitazione acuta ospedaliera, dove ha recuperato buona parte della forza, mostrando però ancora molto fatica nel muoversi. Durante questa riabilitazione, sono emersi quadri di lesioni epatiche correlate al voriconazolo, lesioni che hanno limitato l’uso di farmaci antidolorifici.
Due settimane dopo l’inizio del ricovero in riabilitazione, la paziente ha riportato dolore localizzato sopra la cresta iliaca superiore posteriore sinistra, che peggiorava in posizione eretta, e per questo è stata mandata da un medico osteopata.
Ha negato sintomi radicolari, malattie recenti, febbri, brividi, nuovi sintomi gastrointestinali, alterazioni della sensibilità o dolore a riposo. I segni vitali sono risultati normali, così come gli esami cognitivo, cardiopolmonare, addominale, cutaneo e delle estremità. Sono stati rilevati un edema pretibiale bilaterale, una neuropatia periferica con distribuzione a calza e a guanto, riflessi tendinei profondi ipoattivi negli arti superiori e inferiori, ridotta abduzione della spalla, marcata riduzione bilaterale nella forza di flessione, estensione, adduzione e abduzione dell’anca.
L’esame strutturale osteopatico ha rivelato schiena piatta, cresta iliaca sinistra elevata, atrofia muscolare simmetrica ai cingoli pelvici e alle spalle, alterazioni tissutali sopra la cresta iliaca superiore posteriore sinistra, asimmetrie iliache e ischiatiche. Il test FABER (Flessione ABduzione Rotazione Esterna) è risultato positivo per il dolore all’articolazione sacroiliaca sinistra. Queste rilevazioni hanno portato a definire una diagnosi di disfunzione sacroiliaca dell’osso iliaco anteriore sinistro.
Interventi e valutazioni
- Valutazione delle disfunzioni somatiche e del dolore.
- 1 sessione di OMT.
- OMT: tecniche passive per la disfunzione sacroiliaca dell’osso iliaco anteriore sinistro.
Risultati
Dopo una tecnica articolatoria per ruotare posteriormente l’osso iliaco sinistro e una tecnica articolatoria combinata per le restrizioni nella rotazione pelvica, la paziente ha avuto una correzione completa della disfunzione sacroiliaca con un marcato miglioramento dei sintomi alla cresta iliaca superiore posteriore sinistra. La paziente è quindi stata educata su quali attività avrebbero potuto peggiorare i suoi sintomi e ha ricevuto una cintura sacroiliaca per prevenire future disfunzioni somatiche.
La paziente ha potuto riprendere la sua riabilitazione e, dopo circa 4,5 settimane dal ricovero in riabilitazione, ha potuto recuperare l’abilità di passare da sola alla posizione eretta, deambulare per oltre 60 metri con un deambulatore a ruote, salire 4 gradini appoggiandosi ad una ringhiera e svolgere tutte le sue attività quotidiane. È stata quindi dimessa e, dopo 11 settimane l’inizio dei sintomi della miopatia da steroidi, ha recuperato tutta la forza antigravitaria.
Discussione
La miopatia da steroidi può essere particolarmente difficile da affrontare, in quanto la sua fisiopatologia non è chiara, benché si sappia che è collegata all’influenza degli steroidi sui recettori cellulari e sulle vie di segnalazione intracellulari. In questa situazione, l’eventuale immobilità da parte dei pazienti può peggiorare ulteriormente la situazione, aumentando il catabolismo dei muscoli per opera degli steroidi.
La miopatia tende ad essere favorita da dosaggi di prednisone superiori a 30/60 mg al giorno, da steroidi fluorurati e da steroidi sistemici (rispetto a quelli inalati o assunti per via epidurale), tenuto conto che la debolezza muscolare prossimale può manifestarsi dopo giorni, settimane, mesi o anni dall’inizio della terapia con dosi alte di steroidi.
La miopatia da steroidi rimane poi una diagnosi ottenibile per esclusione che necessita di particolari informazioni, fra cui la distribuzione della debolezza il tempo di insorgenza dei sintomi, le capacità funzionali, i livelli di sensibilità, l’età del paziente, la storia medica pregressa e i farmaci assunti. A tal proposito, bisogna notare che non esistono test diagnostici definitivi.
La principale raccomandazione terapeutica in caso di miopatia da steroidi è ridurre la dose di steroidi al di sotto di un livello di soglia oppure diminuirla gradualmente fino a interromperla completamente. Anche passare da uno steroide fluorurato a uno non fluorurato può aiutare. Dall’altra parte, la riabilitazione è essenziale per favorire al meglio il recupero della capacità funzionale. Sono utili in particolare esercizi di rafforzamento submassimale, mentre gli esercizi di resistenza dovrebbero essere limitati ai muscoli con forza superiore a quella antigravitazionale. Serve poi concentrarsi sul recuperare attività funzionali come l’igiene personale, la vestizione, l’equilibrio e la deambulazione.
Dal canto loro, gli osteopati dovrebbero eseguire esami fisici personalizzati sulle esigenze e capacità dei pazienti, tenendo conto in questo caso della debolezza del cingolo pelvico (ad esempio, i test dinamici potrebbero dover essere adattati o esclusi). Allo stesso modo, devono essere adattate le tecniche di trattamento, possibilmente preferendo tecniche più leggere e meno invasive. In questo modo, l’OMT può mostrarsi un valido aiuto in una situazione delicata dove anche l’intervento farmacologico è di non semplice attuazione.
Sarà quindi necessario effettuare ulteriori ricerche per valutare al meglio l’efficacia dell’OMT.
La recensione di Osteopedia
A cura di Marco Chiera
Punti di forza: primo studio su OMT e miopatia da steroidi; buona descrizione della paziente, dell’esame e del trattamento; accurata discussione sulla miopatia da steroidi, su come diagnosticarla e trattarla e sull’uso dell’OMT in questa condizione.
Limiti: come tutti i case report, è difficilmente generalizzabile.
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