Marco Chiera
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01/10/2024 - Ultimo aggiornamento 01/10/2024

Federica Tomaiuolo, Francesco Cerritelli, Stefano Delli Pizzi, Carlo Sestieri, Teresa Paolucci, Piero Chiacchiaretta, Stefano L. Sensi, Antonio Ferretti | Anno 2024

Analisi guidata dai dati sulla connettività intrinseca di tutto il cervello in pazienti con lombalgia cronica sottoposti a trattamento manipolativo osteopatico

Patologia:

Lombalgia (mal di schiena)

Tipo di studio:

Trial randomizzato controllato

Data di pubblicazione della ricerca:

22-08-2024

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Scopo dello studio

  • Obiettivo: valutare gli effetti dell’OMT sulla connettività funzionale dei network cerebrali in caso di lombalgia cronica.
  • Outcome misurati:
    • Outcome primari: variazioni nell’attività cerebrale tramite analisi Instrinsic Connettivity Contrast (ICC) a seguito di risonanza magnetica a riposo (rs-RMI).
    • Outcome secondari: valutazione del dolore tramite Visual Analog Scale (VAS) e McGill Pain Questionnaire e della disabilità da dolore lombare tramite Roland-Morris Disability Questionnaire (RMQD) e Oswestry Low Back Disability Questionnaire (OSW).

Partecipanti

  • Numero: 29 persone (10 donne e 19 uomini).
  • Criteri di inclusione: adulti; lombalgia cronica; dolore cronico o fastidio da almeno 3 mesi sotto il margine costale e sopra il solco dei glutei, con o senza dolore riferito alle gambe.
  • Criteri di esclusione: segni clinici di danno neurologico con alterazioni sensomotorie; patologia spinale sospetta o diagnostica; storia di chirurgia spinale; colpo di frusta negli ultimi 12 mesi; dolore cervicale che riduce il range of motion (ROM) in rotazione a meno di 30°; patologie vestibolari; chirurgie programmate durante il periodo dello studio; aver ricevuto fisioterapia nelle ultime 12 settimane; problemi nel seguire le procedure dello studio (es. barriere linguistiche, problemi psichiatrici, demenza); partecipazione in un altro studio.
  • Gruppi di studio: 2 gruppi ottenuti tramite randomizzazione.
    • Gruppo 1: OMT, 15 persone (4 donne e 11 uomini, età media 42,7 anni).
    • Gruppo 2: trattamento sham (fittizio), 14 persone (6 donne e 8 uomini, età media 41,8 anni).

Interventi e valutazioni

  • Valutazione dei dati demografici (genere, IMC, età, titolo di studio, abitudini al fumo, tipo di lavoro), dell’ansia di tratto tramite State-Trait Anxiety Inventory (STAI-Y1 e Y2), della mano dominante tramite Edinburgh Handedness Inventory (EHI), della consapevolezza corporea tramite Body Awareness Questionnaire (BAQ) e del temperamento (depressivo, ciclotimico, ipertimico, irritabile o ansioso) tramite Temperament Evaluation of the Memphis, Pisa, Paris, and San Diego-Auto-questionnaire (TEMPS-A) prima dello studio.
  • Valutazione dell’attività cerebrale tramite MRI prima e alla fine dello studio (dopo 4 settimane).
    • La valutazione dell’attività cerebrale è avvenuta tramite approccio ICC in modo da evitare di scegliere a priori quali aree osservare e quale no.
  • Valutazione del dolore prima e alla fine dello studio tramite VAS e McGill Pain Questionnaire prima e alla fine dello studio.
  • Valutazione della disabilità da dolore lombare tramite RMQD e OSW prima e alla fine dello studio
  • 4 sessioni da 30 minuti a settimana.
  • OMT: tecniche di bilanciamento delle tensioni legamentose e membranose, tecniche fluidiche.
  • Trattamento sham: contatto manuale simile all’OMT senza trattamento (tocco statico o dinamico leggero su parte bassa della schiena, sacro, bacino, diaframma, parte superiore del torace, cervicale e cranio).
    • Dopo lo studio, i pazienti del gruppo sham hanno ricevuto un trattamento di OMT.
  • OMT e trattamento sham eseguiti da uno stesso operatore.
  • È stato chiesto ai pazienti di non usare farmaci durante lo studio.

Risultati

  • Outcome primari: l’analisi ICC ha rivelato quattro aree o cluster corticali, ossia insula anteriore, corteccia prefrontale ventrolaterale (VLPFC), corteccia prefrontale dorsolaterale (DLPFC) e lobo parietale superiore con corteccia somatosensoriale primaria (SPL+S1). Il gruppo OMT ha mostrato una diminuzione dell’attività cerebrale nelle aree SPL+S1 fino al giro postcentrale – area legata alla schiena nell’homunculus di Penfield –, mentre ha mostrato un aumento dell’attività negli altri cluster, tipicamente legati ai processi di interocezione, attenzione e affettività.
  • Outcome secondari: il gruppo OMT ha mostrato una riduzione statisticamente significativa del dolore e della disabilità tramite le scale VAS, RMDQ e OWS rispetto al gruppo sham.
  • Ulteriori analisi: ulteriori analisi sui risultati dell’ICC hanno mostrato che l’insula tende ad aumentare in generale la sua connettività con la corteccia, mentre le zone parietali tendono a “sconnettersi” in generale dal resto dell’attività cerebrale. Invece, la VLPFC ha aumentato in maniera specifica la sua connessione con il giro sopramarginale destro posteriore, mentre la DLPFC ha aumentato la sua connessione sia con la corteccia insulare destra sia con l’area motoria supplementare destra.
    Inoltre, correlando i dati sull’attività cerebrale e il dolore, è emersa una correlazione negativa statisticamente significativa fra l’attività della VLPFC e la VAS oppure la scala del dolore dell’RMDQ. In sostanza, ad un aumento dell’attività della VLPFC è corrisposta una diminuzione del dolore percepito.

Discussione

L’OMT, rispetto allo sham, influenza l’attività cerebrale di aree o cluster legati alla matrice del dolore. Di base, sembra manifestarsi una diminuzione dell’attivazione nocicettiva, rispecchiata nella ridotta attivazione della corteccia somatosensoriale primaria (S1), con un parallelo incremento dell’attivazione interocettiva ed affettiva, rispecchiata nell’aumentata attività di insula anteriore, VLPFC e DLPFC. A tal proposito, è interessante la correlazione fra il dolore percepito e la variazione dell’attività della VLPFC.

In letteratura diversi studi hanno evidenziato una correlazione fra dolore e attività diffusa di S1, e in questo studio è emersa proprio una diminuzione dell’attività della sotto-area di S1 legata alla parte bassa della schiena nell’homunculus di Penfield. Questo risultato va d’accordo con l’idea che l’OMT, agendo per vie interocettive, influenzi in senso plastico aree come S1. Dall’altra parte, secondo le interpretazioni basate sull’inferenza attiva, l’OMT può avere fornito dei stimoli che, giunti a livello corticale, hanno indotto una rimodulazione e rivalutazione, anche affettiva, degli stimoli nocicettivi, influenzando così la risposta “dolore” messa in atto a fronte di quegli stimoli nocicettivi. In altri termini, gli stimoli dell’OMT possono avere influenzato le credenze dei pazienti sullo stato delle loro schiene e, quindi, sulla percezione di dolore.

È interessante il coinvolgimento di aree parietali: oltre a confermare precedenti studi su OMT e lombalgia cronica, la corteccia parietale è coinvolta nell’attenzione e nell’elaborazione del dolore dal punto di vista cognitivo. Dato che in queste elaborazioni rientra anche l’effetto placebo, l’avere usato come gruppo di controllo un trattamento sham ha premesso di valutare gli effetti dell’OMT al di là di possibili effetti placebo (che possono essersi manifestati sia nel gruppo OMT sia nel gruppo sham). Inoltre, la particolarità dell’OMT di distogliere l’attenzione, durante il trattamento, dalle aree fonte della nocicezione può aver favorito in sé stessa la riduzione dell’intensità percepita del dolore.

Dato il ruolo centrale dell’insula anteriore nell’interocezione, ossia nel valutare cosa sta accadendo in ogni angolo dell’organismo, il registrato aumento della connettività dell’insula anteriore può indicare effettivamente una riduzione dell’elaborazione dello stimolo nocicettivo come qualcosa di doloroso.

Per quanto riguarda invece le cortecce VLPFC e DLPFC, queste regioni sono tipicamente al fuori della classica matrice del dolore, ma svolgono ruoli centrali nella percezione, negli affetti, nelle previsioni, nella memoria e nel controllo degli impulsi, oltre che proprio nell’elaborazione del dolore proprio e altrui. Pertanto, la loro attivazione potrebbe indicare una rimodulazione della percezione soggettiva del dolore, indipendentemente da quanto accade a livello sensoriale. Inoltre, queste aree hanno comunque stretti legami con aree come la sostanza grigia periacqueduttale, la corteccia parietale posteriore e l’insula, ossia aree centrali nella modulazione del dolore.

I limiti di questo studio riguardano: la cautela che ci deve sempre essere nell’interpretare i dati emersi tramite analisi ICC, a causa della sua natura fondata sulla teoria dei grafi; il piccolo campione studiato, nonostante l’analisi statistica a priori abbia rilevato una potenza dello studio adeguata; la mancanza di follow-up.

Futuri studi dovranno inoltre trarre conclusioni sulla frequenza e la durata ottimali delle sessioni di OMT al fine di ottenere i risultati desiderati in tema di riduzione del dolore e della disabilità.

La recensione di Osteopedia

A cura di Marco Chiera

Punti di forza: buona introduzione; buona descrizione delle procedure sperimentali e degli strumenti di valutazione usati; uso di questionari validati; buona presentazione dei risultati tramite immagini e tabelle; buona discussione sui processi cerebrali coinvolti nel dolore; analisi dei limiti.

Limiti: oltre a quelli sottolineati dagli autori, non è stato chiesto ai pazienti nel gruppo sham se hanno capito di essere stati nel gruppo di controllo (cosa che avrebbe potuto influenzare la risposta placebo/nocebo); sarebbe stata utile una tabella, anche breve, sui dati emersi dai questionari su dolore e disabilità.
Benché si capisca, sarebbe stato meglio specificare bene l’outcome primario, gli outcome secondari e le analisi esplorative; il rimandare ad altri studi passati per i criteri di inclusioni, esclusione e dati demografici può non rendere perfettamente chiaro lo studio e il campione analizzato (anche perché negli altri studi i due gruppi erano entrambi di 15 persone, mentre in questo studio un gruppo è di 15 e uno di 14).

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