Antistress: uno studio pilota che investiga gli effetti dell’OMT sulla gestione dello stress negli studenti di medicina

Partecipanti

• Numero: 10 persone (8 donne e 2 uomini, età media 25 anni).
• Criteri di inclusione: studenti del primo anno di medicina; non ricevere regolarmente l’OMT da un medico osteopatico; riuscire a presentarsi agli appuntamenti del presente studio; non partecipare alle sessioni supplementari di medicina osteopatica del college durante lo studio.
• Criteri di esclusione: donne incinta; storia di chirurgia spinale; essere affetti da condizioni che rappresentano una controindicazione per l’OMT; presenza di condizioni croniche come ansia, diabete o ipertensione.
• Gruppi di studio: 2 gruppi ottenuti tramite randomizzazione
  • Gruppo 1: OMT, 5 persone (4 donne e 1 uomo).
  • Gruppo 2: nessun trattamento, 5 persone (4 donne e 1 uomo).

Interventi e valutazioni

• Valutazione della concentrazione del cortisolo salivare tramite densità ottica, dello stress percepito tramite College Student Stress Scale (CSSS) e delle funzioni cognitive (velocità, memoria, attenzione, flessibilità e problem-solving) tramite Lumosity Performance Index (LPI) prima di ogni trattamento.
• 6 sessioni settimanali.
• OMT: protocollo standardizzato definito da inibizione paraspinale, sollevamento delle costole e decompressione condilare per ridurre l’attività ortosimpatica e favorire il tono parasimpatico vagale.
• Controllo: nessun trattamento.
• OMT eseguito da studenti-assistenti sotto supervisione.

Risultati

• Outcome primari:
  • concentrazione di cortisolo: il gruppo OMT ha mostrato una diminuzione statisticamente significativa della concentrazione di cortisolo (maggior densità ottica) rispetto ai gruppi di controllo;
  • stress percepito: non sono emerse differenze fra i due gruppi.
  • funzioni cognitive: non sono emerse differenze fra i due gruppi.

Discussione

Questo studio ha riportato una diminuzione della concentrazione di cortisolo salivare nel gruppo OMT rispetto al gruppo controllo.

Tuttavia, non sono emerse differenze riguardanti lo stress percepito. Questo risultato può far pensare che siano altri i marcatori biologici (es. emoglobina A1C o proteina C-reattiva) da usare se si vogliono vedere correlazioni con lo stress percepito. Oppure si può ipotizzare la necessità di usare altre misurazioni dello stress, come l’EEG, per valutare relazioni fra cortisolo e stress percepito.

La mancanza di effetti sulle funzioni cognitive può suggerire che l’OMT non abbia particolari effetti in questo ambito.

Il principale limite di questo studio è l’esiguo campione dovuto alla difficoltà di conciliare la frequenza scolastica con il protocollo dello studio. Servono quindi studi con campioni più grandi, anche per meglio capire se effettivamente non ci sono legami fra OMT, cortisolo, stress percepito e funzioni cognitive.

Un altro limite deriva dalla difficoltà di quantificare lo stress. Benché il cortisolo salivare sia una misura gold standard, ha un ritmo di variazione circadiano importante e, inoltre, può essere influenzato da molteplici fattori esterni. A tal proposito, invece di escludere, ad esempio, chi consumava caffeina (un fattore in grado di influenzare il cortisolo), è stato scelto di valutare la variazione di cortisolo personale rispetto alla baseline di ogni studente. Inoltre, purtroppo il cortisolo è stato preso e valutato solo una volta a settimana: servirebbero al contrario un maggior numero di misure.

Infine, non è stato valutato se gli studenti seguissero qualche attività di riduzione dello stress nella loro vita quotidiana.

In conclusione, benché si possa rifiutare l’ipotesi che l’OMT non abbia effetti sullo stress misurato tramite cortisolo salivare, servono studi più grandi per avere dati più forti e generalizzabili, servono studi che abbiano sia più gruppi di trattamento sia più gruppi di controllo, servono studi che usino una varietà di test e questionari per la valutazione dello stress.