Marco Chiera
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13/09/2023 - Ultimo aggiornamento 19/04/2024
Leonid Tafler, Aysham Chaudry, Heejin Cho, Angeles Garcia | Anno 2023
Gestione della Sindrome da Tachicardia posturale ortostatica post-virale con la Terapia Craniosacrale
Patologia:
Sindrome da tachicardia posturale ortostatica
Tipo di studio:
Case Report
Data di pubblicazione della ricerca:
15-02-2023
Scopo dello studio
- Obiettivo: mostrare la gestione tramite l’OMT e la terapia craniosacrale di un caso di sindrome da tachicardia posturale ortostatica diagnosticata 1 anno dopo l’infezione da Covid-19.
- Outcome misurati: valutazione dei sintomi e del cambiamento del battito cardiaco tramite standing test attivo.
Partecipanti
- Numero: 1
- Descrizione: uomo, 39 anni. Tachicardia sinusale e palpitazioni al petto da 12 mesi, sintomi cominciati dopo l’infezione da Covid-19. Nessuna storia medica significativa sia personale sia famigliare mentre l’esame fisico non ha mostrato particolari segni.
Il battito cardiaco è risultato di 125 battiti al minuto a riposo e di 150 durante l’esercizio di attività fisica come la camminata. I sintomi influenzavano negativamente le sue attività quotidiane e il suo lavoro. Non sono stati riportati fattori in grado di alleviare o peggiorare i sintomi. Numerose visite ed esami cardiologici, ematologici e metabolici sono risultati negativi, così come immagini radiografiche, ECG e doppler vascolari precedent allo studio. Non sembra però sia stata considerata la patologia virale.
Un nuovo doppler carotideo, uno stress test cardiaco, un nuovo ECG e un ecocardiogramma sono risultati normali. Un Holter di 14 giorni ha mostrato 3 eventi indotti dal paziente, due dei quali con tachicardia sinusale.
A questo punto, dopo una valutazione osteopatica, è stato deciso di trattare il paziente con terapia craniosacrale.
Interventi e valutazioni
- Valutazione dei sintomi e del cambiamento del battito cardiaco prima e dopo standing test attivo.
- 8 sessioni settimanali.
- OMT:
- terapia craniosacrale con compressione del quarto ventricolo.
Risultati
Dopo la prima seduta, il paziente ha riportato un miglioramento dei sintomi e del battito cardiaco a riposo (sceso a 95 battiti al minuto), effetto che però è stato perso nei giorni seguenti.
Alla visita una settimana dopo, uno standing test attivo ha mostrato un incremento del ritmo cardiaco di 39 battiti nel passare dalla posizione supina a quella eretta, mentre però la pressione è rimasta normale, il che ha permesso di escludere un’ipotensione ortostatica.
La successiva sessione di osteopatia si è basata in particolare sulla compressione del quarto ventricolo. Il risultato è stato che, ripetendo il test, dalla posizione supina a quella eretta il ritmo cardiaco è aumentato di soli 12 battiti. Ad un’ulteriore sessione, la situazione si è ripetuta allo stesso modo, con l’OMT che ha ridotto l’incremento del ritmo cardiaco durante il test.
Nelle successive 5 visite, la differenza del ritmo cardiaco fra posizione eretta e supina si è via via ridotta, fino ad arrivare a meno di 10-15. Nel mentre, il ritmo cardiaco ha iniziato a scendere anche durante la settimana e a salire di poco (es. fino a 88 battiti al minuto) durante attività quali la camminata.
Dopo l’ultima sessione, il paziente ha riportato un sollievo dalla tachicardia e dalle palpitazioni per più di 6 mesi.
Discussione
La sindrome da tachicardia posturale ortostatica, ossia una risposta autonomica anomala nel mettersi in posizione eretta, può essere di diverso tipo: neuropatica, iperadrenergica, ipovolemica e da cause secondarie (es. diabete, malattia di Lyme, lupus eritematoso sistemico e sindrome di Sjogren). Questa sindrome può anche manifestarsi a seguito di fenomeni di autoimmunità, come la cross-reattività di anticorpi virali verso i recettori dell’acetilcolina, delle catecolamine e dell’angiotensina a livello dei gangli autonomici. Molto probabilmente, il caso qui presentato è dovuto ad una causa neuropatica secondaria all’infezione da Covid-19.
Purtroppo, nonostante molte visite cardiologiche, il paziente non ha ricevuto una diagnosi se non dopo molto tempo. Per ovviare a ciò, un esame fisico accompagnato da un emocromo completo e un pannello metabolico completo dovrebbe essere condotto in ogni caso di tachicardia sinusale non spiegata altrimenti. Se gli esiti dovessero essere negativi, allora servirebbe un’analisi cardiologica e neurologica completa per escludere altre cause. Infine, un tilt test dovrebbe essere eseguito per escludere l’ipotensione ortostatica.
Inizialmente, bisognerebbe attuare strategie comportamentali ed eventualmente farmacologiche. In questo caso di sindrome refrattaria, è stato visto che la terapia craniosacrale, in particolare la compressione del quarto ventricolo, è risultata particolarmente efficace. Molto probabilmente, questa tecnica ha favorito un equilibrio autonomico fra ramo ortosimpatico e ramo parasimpatico.
Conseguentemente, nonostante i pochi dati, la terapia craniosacrale eseguita da un medico osteopata preparato può essere considerata un intervento da applicare nella gestione della sindrome da tachicardia posturale ortostatica.
La recensione di Osteopedia
A cura di Marco Chiera
Punti di forza: buona descrizione del caso e della tecnica usata; buona introduzione e discussione dell’articolo; uso di figure per spiegare l’eziologia o la diagnosi della patologia studiata.
Limiti: come ogni case report, è difficilmente generalizzabile. Oltre all’aspetto autonomico, gli autori avrebbero potuto svolgere qualche considerazione sui possibili effetti immunitari e linfatici della terapia craniosacrale od osteopatica.
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