3. Divergenze interne sullo sviluppo dell’osteopatia e lo scopo professionale degli osteopati
Il dibattito fra gli osteopati fedeli alla tradizione e quelli aperti alla collaborazione con la medicina ortodossa plasmò il progresso dell'osteopatia negli Stati Uniti.
Il dr. A.T. Still aveva concepito l’osteopatia come un “sistema senza farmaci”, alternativo non solo alla medicina allopatica ma anche alle altre forme di terapia dell’epoca. Negli Stati Uniti dell’Ottocento vigeva infatti un sistema pluralistico che prevedeva l’omeopatia e la medicina eclettica accanto a quella ortodossa, ma ammetteva anche l’esistenza di altre discipline, come per esempio la medicina botanica, l’idropatia, la scienza cristiana, il magnetismo, lo swedenborgianismo, la medicina popolare europea, africana e nativa americana, a cui si affiancavano le manipolazioni degli aggiustaossa, i rimedi casalinghi e gli intrugli propinati sulle piazze dei mercati da ciarlatani e imbonitori.1 Inoltre, una consistente fetta di mercato era occupata dagli elisir prodotti da imprese private che detenevano brevetti segreti (le cosiddette patent medicine), molto pubblicizzati e venduti in farmacia o per corrispondenza. Questi elisir prosperarono fino al 1906, quando uscì un reportage che indusse l’amministrazione statunitense a promulgare una legge per arginare il fenomeno.2
Fin da quando la mente del ventisettenne Still, fresco dell’apprendistato con il padre e attivo come medico regolare, era stata presa alla sprovvista dalla predizione del maggiore Abbott, secondo cui “un giorno sarebbe saltato fuori qualcosa che avrebbe preso il posto dell’allopatia, dell’eclettismo e dell’omeopatia,”3 Still aveva approfondito lo studio teorico e pratico delle terapie della sua epoca, giungendo alla conclusione che perlopiù tirassero a indovinare e somministrassero rimedi inutili se non dannosi. La scienza dell’osteopatia, invece, si dimostrava efficace nel controllare anche patologie come la febbre, la diarrea emorragica, il morbillo e la difterite senza ricorrere ad agenti esterni.4
Sulla base di questi presupposti, per tutta la vita Still sottolineò quanto fosse importante per gli osteopati distinguersi dagli altri medici tanto che, inizialmente, il titolo conferito dall’ASO alla fine del percorso didattico era “diplomato in osteopatia” (Diplomate of Osteopathy). Soltanto a partire dal giugno del 1900 A.T. Still permise a malincuore di modificarlo in “dottore in osteopatia”.5
Ciononostante, ancora prima della fine dell’Ottocento emersero all’interno della comunità osteopatica vigorose polemiche, principalmente riguardo allo studio della farmacologia e al ruolo dei DO nel sistema sanitario. Si assistette così alla nascita di una fazione di “osteopati in senso lato” che si contrapponevano agli “osteopati lesionisti puri”, i quali si attenevano fedelmente all’idea tradizionale di Still, che consisteva nella ricerca della lesione e nella somministrazione esclusiva di trattamenti osteopatici, per tutte le malattie.6:69-84 Gli osteopati fautori dell’approccio “in senso lato” sostenevano che un buon medico dovesse utilizzare tutti i migliori strumenti disponibili per aiutare il proprio paziente, includendo quindi, ove ritenuto necessario, anche i rimedi della farmacologia ortodossa.
Nel 1897 l’ASO introdusse alcuni insegnamenti sull’ostetricia e la chirurgia, e di conseguenza alcune nozioni concernenti l’uso di anestetici, antisettici e antidoti – questi tipi di farmaci erano conosciuti con il nome di “farmacologia osteopatica (osteopathic materia medica)”. Mentre queste materie vennero introdotte in tutte le scuole già dal 1903, non si giunse a una visione unanime riguardo ai cosiddetti annessi (ad esempio l’idroterapia, l’esercizio fisico, la suggestione terapeutica, l’elettroterapia, la dieta, ecc.), quindi ogni scuola decideva se introdurre o meno questi insegnamenti. Invece lo studio della farmacologia (materia medica) era bandito dal piano di studi dei college osteopatici, pena la perdita del riconoscimento da parte dell’ACO, dal momento che le cure basate su prodotti chimici, vaccini e sieri erano inaccettabili dal punto di vista della filosofia osteopatica.
Questo dava molto margine di manovra ai medici ortodossi, sia nelle aule di tribunale dove trascinavano gli osteopati accusandoli di abuso della professione, sia nelle camere dove si discutevano le legislature dei singoli stati federati. L’associazione dei medici americani (American Medical Association, AMA) si era costituita nel 1847 allo scopo di compattare la categoria professionale e imporsi sulle altre forme di medicina. I suoi membri erano denominati “MD” (l’abbreviazione del latino Medicinae doctor, o in inglese Medical Doctor), mentre gli osteopati si contraddistinguevano con la sigla “DO”.
Alla fine dell’Ottocento l’AMA non aveva ancora assunto una posizione dominante nel sistema sanitario, per cui sussistevano le condizioni storiche e sociali che permisero agli osteopati di celebrare i primi successi nelle battaglie per il riconoscimento, a cominciare dal 1895. I rappresentanti dell’AMA, tuttavia, sostennero fin dall’inizio che i DO non possedessero una formazione completa e pertanto non potessero essere equiparati agli MD.
Questo alimentò le già vivaci discussioni in essere tra gli osteopati “puri” e quelli “in senso lato”.
Nel 1899 John Martin Littlejohn, allora decano dell’ASO e in procinto di completare la formazione come osteopata, chiese alla direzione della scuola di modificare il titolo di “DO” conferito ai laureati per adottare invece il titolo “MD (Osteopathic)”. Il dr. Still e parte del corpo docente trovò tale richiesta inaccettabile, e ciò si tradusse nell’allontanamento dall’ASO dei tre fratelli Littlejohn, del dr. William Smith e di altri insegnanti (fra i quali si contavano diversi laureati in medicina) che non accettavano la strada che ritenevano troppo tradizionalista. L’anno successivo i fratelli Littlejohn fondarono l’American College of Osteopathic Medicine and Surgery a Chicago, un istituto che venne ammesso fra le scuole riconosciute dall’ACO, associazione dei college osteopatici attiva dal 1898.
Nel 1901, l’osteopatia aveva ottenuto il riconoscimento in 15 stati americani: ciò significava che i DO usciti dalle scuole dovevano superare gli esami di stato presso le commissioni mediche. Questo si tradusse in un impulso a migliorare e allungare i percorsi formativi delle scuole, spingendo l’ACO a imporre il prolungamento del piano di studi da 2 a 3 anni entro il 1904, anche se ciò poteva costituire un rischio per le scuole: dal momento che dipendevano quasi esclusivamente dalle rette degli studenti, una diminuzione delle matricole scoraggiate da un iter formativo più lungo poteva determinarne la chiusura.
Le divergenze sull’interpretazione del ruolo degli osteopati continuarono a divampare sia in seno ai singoli istituti di formazione che, di conseguenza, all’interno dell’AOA, fomentati anche dai progressi della medicina ortodossa e dalla disponibilità di terapie profilattiche e terapeutiche che ottenevano ottimi risultati in patologie come rabbia, difterite, tetano, colera, peste e tifo. Molti osteopati argomentavano che il rifiuto di ricorrere a tali rimedi pareva loro anacronistica se non addirittura criminale,6:76 e prestava il fianco alle accuse di settarismo e di cultismo.
L’AOA continuò a difendere le idee più tradizionali, per esempio durante il convegno annuale del 1909 venne bocciata la richiesta di tre scuole che proponevano di aggiungere un quarto anno al piano di studi, con l’intenzione di conferire ai loro diplomati il titolo di DO alla fine del triennio e quello di MD al termine dell’anno supplementare.7:36;115-118
L’infervorata discussione proseguì con numerosi articoli e lettere sulle pagine del Journal of the American Osteopathic Association,7:115-118;149-151;159-163;174-181;195-197;255-256;278-284;393-395;405-407;415-421;456-7;486-89;532;533-34;541 tuttavia nel 1910 prevalse nuovamente la fazione favorevole a mantenere l’osteopatia separata dalla medicina allopatica.8
Il dibattito tra osteopati “puri” e quelli “in senso lato” continuò a infuriare nei decenni successivi, alimentato anche dalla spinta verso standard più stringenti che coinvolse l’intero sistema sanitario americano, e rimase un punto chiave nella storia della categoria.
- Baer, H. A. (2001). Biomedicine and alternative healing systems in America: Issues of class, race, ethnicity, and gender. Univ of Wisconsin Press.
- Adams, Samuel Hopkins (1905). The Great American Fraud (4th ed., 1907). Chicago: American Medical Association.
- “Dr. Still” Journal of Osteopathy, March 1897, vol. 3, n. 8:2.
- Still, A. T. (1908). Autobiography of Andrew T. Still: With a History of the Discovery and Development of the Science of Osteopathy. Revised Edition. Published by the Author. Kirksville, Missouri (USA):301-302; 107.
- Gevitz, N. (2014). The “doctor of osteopathy”: expanding the scope of practice. Journal of Osteopathic Medicine, 114(3), 200-212.
- Gevitz N. The DOs. The Johns Hopkins University Press, Baltimora, Maryland, USA 2004:69-84.
- The Journal of the American Osteopathic Association. v.9 (1909-1910).
- The Journal of the American Osteopathic Association. v. 10 1910-11:14.
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