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28/11/2022 - Ultimo aggiornamento 12/12/2023

Bias

[tempo di lettura: 3 minuti]

Nella ricerca scientifica sono numerose le cause che possono comportare l’inaccuratezza dei risultati. Ad alterare l’esito di uno studio possono intervenire fattori casuali, oppure altri tipi di fattori ricollegabili per esempio alla progettazione, alla conduzione, alla redazione del resoconto dello studio.

A molti di questi errori si attribuisce il nome di bias, definito come un errore sistematico o deviazione (distorsione) dalla realtà, nei risultati o nell’inferenza.

I ricercatori hanno provveduto a individuare e catalogare diversi tipi di bias, tanto che attualmente ne sono stati catalogati più di duecento, classificati in diverse categorie. A ciascun bias è stato assegnato un parametro di rilevanza clinica, per fornire uno strumento che ne faciliti la rapida interpretazione durante la conduzione di uno studio.1

Per fare solo alcuni esempi, sono stati individuati bias generali ma anche molto specifici, di tipo metodologico e di tipo interpretativo, oppure legati alle modalità di reporting, cioè al modo in cui vengono descritti i risultati di uno studio.

Vi sono inoltre bias impliciti, particolarmente difficili da riconoscere perché non intenzionali e inconsci. Nonostante le migliori intenzioni dei ricercatori, questi bias possono avere gravi ripercussioni, per esempio tradursi in una disparità di trattamento nei confronti dei gruppi marginalizzati.

Particolarmente insidioso è il bias di conferma, ovvero la tendenza per cui l’essere umano tende a cercare e valorizzare informazioni che avvalorano le teorie di cui è già convinto, nel contempo ignorando, sminuendo o evitando le evidenze contrarie.

I bias possono essere per esempio associati a diverse operazioni compiute dai ricercatori, quali la revisione della letteratura e la stesura del manoscritto per la pubblicazione, la progettazione del protocollo di studio e la scelta dell’argomento, l’esecuzione dell’intervento, la misurazione degli outcome, l’analisi dei dati. Si rimanda per ulteriori approfondimenti al volume curato da Francesco Cerritelli e Diego Lanaro1, riportando di seguito alcuni esempi a mero titolo illustrativo:

  • bias di selezione: i metodi usati per selezionare il campione favoriscono uno dei gruppi da confrontare, oppure trascurano una parte significativa della popolazione;
  • bias da prestazione o da procedura: vengono adottate differenze sistematiche nell’intervento somministrato oppure vengono introdotti fattori diversi dall’intervento previsto;
  • bias da abbandono (tasso di dropout): se un numero rilevante di soggetti si ritira dallo studio mentre è in corso la sperimentazione, può darsi che la dimensione della popolazione rimasta non sia più rappresentativa dell’intera popolazione. Nel caso in cui gli abbandoni avvengano in misura diversa nei gruppi messi a confronto, la misura degli esiti può risultare sbilanciata;
  • bias di pubblicazione: vengono comunicati in maniera selettiva soltanto i risultati degli studi che hanno raggiunto conclusioni gradite, omettendo gli altri.

In particolare, nel campo degli studi qualitativi sono stati individuati alcuni bias specifici quali ad esempio:

  • bias di acquiescenza, cioè la tendenza di un rispondente a dichiararsi d’accordo con qualsiasi cosa venga affermata dall’intervistatore o dal moderatore;
  • bias di desiderabilità sociale, per cui i soggetti forniscono risposte che considerano più socialmente accettabili di altre, con l’intento di sembrare più conformi alla norma e non essere rifiutati.

Sono state elaborate varie strategie e tecniche per minimizzare i bias nella ricerca, tuttavia a causa delle caratteristiche che li contraddistinguono e il contesto nel quale possono verificarsi, è difficile stilare un vademecum universale per scongiurarli tutti. Il punto più importante consiste nel riconoscerne la presenza in modo da poterli gestire.

Solo a titolo di esempio, si menziona lo strumento ROBIS2, una guida elaborata per individuare i bias nelle revisioni sistematiche. È destinato soprattutto agli sviluppatori delle linee guida, agli autori delle sintesi o delle revisioni sistematiche o delle valutazioni critiche. Per giungere a una stima del rischio di bias, vengono valutate quattro categorie (intervento, diagnosi, prognosi, eziologia) implementando una procedura in tre fasi.

Bibliografia

  1. Cerritelli F, Lanaro D. Elementi di ricerca in osteopatia e terapie manuali. Napoli: Edises, 2018.
  2. Whiting P, Savović J, Higgins JP, Caldwell DM, Reeves BC, Shea B, Davies P, Kleijnen J, Churchill R; ROBIS group. ROBIS: A new tool to assess risk of bias in systematic reviews was developed. J Clin Epidemiol. 2016 Jan;69:225-34.
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