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29/11/2022 - Ultimo aggiornamento 12/12/2023

La pratica clinica basata sulle prove di efficacia: EBM, EBP, EBHC

[tempo di lettura: 4 minuti]

L’EBM, acronimo di Evidence-based Medicine, è la medicina basata sulle prove di efficacia.

Il termine inglese “evidence“, spesso tradotto in italiano con la parola “evidenze”, rappresenta le prove di efficacia, cioè i risultati degli studi pubblicati dalle riviste scientifiche che sostengono l’efficacia di un certo farmaco o intervento. L’insieme di questi studi prende il nome di “letteratura“.

L’EBM è un modello di pensiero sviluppato nell’ultimo decennio del Novecento con l’intento di affrontare alcuni problemi che affliggevano e ancora oggi affliggono il settore clinico-sanitario, fra i quali per esempio:

  • la difficoltà dell’aggiornamento professionale dei medici, dovuto alla proliferazione esponenziale degli studi di ricerca, anche a causa dell’avvento di Internet;
  • la necessità di formulare un giudizio critico circa la qualità degli studi;
  • il trasferimento dei risultati degli studi ai protocolli terapeutici delle strutture sanitarie;
  • i costi crescenti dell’assistenza sanitaria.

Nel 1996 gli ideatori del metodo1 precisarono che in questo approccio le decisioni cliniche risultano dall’integrazione tra l’esperienza del medico e l’utilizzo coscienzioso, esplicito e giudizioso delle migliori evidenze scientifiche disponibili, mediate dalle preferenze del paziente. Per una lettura introduttiva riguardo a vari aspetti della pratica dell’EBM si rimanda a una bibliografia commentata di dieci articoli sull’argomento2.

Il modello ebbe largo seguito e venne progressivamente esteso anche ad altri settori (p. es. all’infermieristica, alla fisioterapia, all’odontoiatria) cosicché la parola “medicina” venne sostituita dal termine “pratica” e si cominciò a definire l’EBP (Evidence-based Practice), cioè la pratica basata sulle prove di efficacia.

Molto schematicamente, l’operatore sanitario che applica questo modello si avvale della propria competenza ed esperienza clinica per elaborare di volta in volta un piano terapeutico (fra i molti possibili) in base a un ragionamento che deve tenere in considerazione:

  • le “preferenze e azioni del paziente”: l’operatore dovrà personalizzare le cure a seconda delle esigenze e delle condizioni biologiche del singolo paziente, p. es. effettuando un’anamnesi accurata per decidere se i risultati delle ricerche sono trasferibili al caso in esame. Il paziente deve essere messo al centro della procedura e partecipa attivamente prestando il consenso alle decisioni terapeutiche;
  • il “contesto clinico”: l’operatore dovrà conoscere, per esempio, le risorse del sistema sanitario o assicurativo a cui può accedere il paziente;
  • le “migliori evidenze”: l’operatore dovrà essere in grado di fare una ricerca nella letteratura, e di formulare una valutazione critica degli articoli e degli altri materiali reperiti, e laddove applicabili dovrà conformarsi alle Linee Guida.

Per ulteriori approfondimenti riguardanti la ricerca scientifica nel campo delle terapie manuali si rimanda al volume curato da Francesco Cerritelli e Diego Lanaro3.

I principi dell’EBM sono stati estesi anche al settore dell’assistenza sanitaria e inquadrati nell’EBHC, o Evidence-based Health Care, cioè l’assistenza sanitaria basata sulle evidenze. Da qui sono scaturite le Linee Guida, che descrivono le modalità per programmare l’assistenza sanitaria. In Italia sono consultabili sul sito del Sistema Nazionale Linee Guida dell’Istituto Superiore di Sanità.

Tutti i sistemi “basati sulle evidenze” hanno in comune la necessità di aggiornamento costante e puntuale. Le scienze sanitarie sono quindi divenute un campo in divenire, teso nello sforzo di assorbire le più recenti scoperte in modo da incorporarle in strategie di politica sanitaria che possano consentire l’integrazione di tutti gli strumenti metodologici basati sulle prove di efficacia con tutti i processi che governano l’organizzazione sanitaria, inclusi quelli amministrativi, strutturali, finanziari e professionali.

Considerate collettivamente, queste strategie politiche impegnate nello sforzo di “erogare un servizio di assistenza sostenibile, responsabile, centrato sui pazienti e di qualità” prendono il nome di Clinical Governance, termine talvolta tradotto come Governo Clinico4.

L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) dedica una pagina del suo sito web alla Clinical Governance, definendola come:

l’organizzazione e lo svolgimento dell’attività di una struttura sanitaria, finalizzati alla responsabilizzazione e alla partecipazione, nelle scelte strategiche e di gestione, di tutti i soggetti coinvolti nell’erogazione dei servizi sanitari.

L’ISS precisa altresì che in questo ambito sono stati identificati i seguenti settori prioritari:

  • Linee guida;
  • informazione e coinvolgimento dei cittadini e dei pazienti;
  • Livelli essenziali di assistenza (LEA);
  • sistema di classificazione dei pazienti;
  • gestione del rischio clinico;
  • medicina basata sull’evidenza;
  • valutazione dell’impatto sulla salute;
  • Health Technology Assessment (HTA).

Bibliografia

  1. Sackett DL, Rosenberg WMC, Gray JAM, et al. Evidence-Based Medicine: What it is and what it isn’t. BMJ 1996;312:71-2
  2. Nunan D, O’Sullivan J, Heneghan C, Pluddemann A, Aronson J, Mahtani K. Ten essential papers for the practice of evidence-based medicine. Evid Based Med. 2017 Dec;22(6):202-204.
  3. Cerritelli F, Lanaro D. Elementi di ricerca in osteopatia e terapie manuali. Napoli: Edises, 2018.
  4. Ministero della Salute Dipartimento della qualità, Direzione Generale della Programmazione Sanitaria, dei Livelli Essenziali di Assistenza e dei Principi Etici di Sistema Ufficio III ANALISI E CONDIVISIONE DELLE ESPERIENZE DI GOVERNO CLINICO. Bozza di documento per la definizione di metodologie di governo clinico per la valorizzazione dei centri di riferimento.
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